La diavolessa, Venezia, Geremia, 1755

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera nobile di locanda.
 
 DORINA e GIANNINO, poi FALCO
 
 Dorina
 
    Ho risolto, voglio andar.
 Non mi state a tormentar.
 
 Giannino
 
    Ah, Dorina, per pietà,
 mi volete lasciar qua?
 
 Dorina
 
5   Vostro danno. Voglio andar.
 
 Giannino
 
 Mi volete abbandonar?
 
 Falco
 Che c’è, che c’è di nuovo,
 che mi par di sentirvi un po’ alterati?
 Dorina
 Fateci i nostri conti.
10Per me voglio andar via.
 Giannino
 Mi vuole abbandonar Dorina mia. (A Falco)
 Falco
 Ma perché mai? Oh povero ragazzo!
 Dorina
 Perché nel duro caso,
 in cui si ritroviamo,
15è necessario che ci separiamo.
 Giannino
 Ch’è l’istesso che dir che a dirittura
 vada a porsi Giannino in sepoltura.
 Falco
 Non mi credeva mai,
 con vostra permissione, (A Dorina)
20che aveste così poca compassione.
 Dorina
 Egli di casa mia
 m’ha fatto venir via
 ed or per sua cagion son nell’intrico.
 Giannino
 Ma la voglio sposar...
 Dorina
                                         Sposar mi vuole
25ma non ha un soldo in tasca,
 onde sfogate le amorose brame,
 presto ci converrà morir di fame.
 Falco
 Dorina m’ha spiegato i sensi suoi.
 Ora, signor Giannin, che dite voi?
 Giannino
30Io dico... che... vorrei...
 Falco
 Sposarla?
 Giannino
                     Sì, signore.
 Falco
                                            E poi?
 Giannino
                                                           E poi,
 quando morrà mio padre
 ch’è vecchio ed ammalato,
 in casa mia vivremo in buono stato.
 Falco
35Dite la verità, Dorina mia,
 gli volete voi ben?
 Dorina
                                    Se non l’amassi
 non avrei seguitati i di lui passi.
 Falco
 Dunque sta tutto il mal, per quel ch’io sento,
 nel non aver denaro.
 Dorina
                                        E vi par poco?
 Falco
40E quando in questo loco
 vi trovassi un onesto assegnamento?
 Dorina
 Gli porgerei la mano in quel momento.
 Falco
 Lasciate fare a me.
 Giannino
                                     Falco vi prego.
 Dorina
 Caro Falco gentil.
 Giannino
                                   Falco garbato.
 Dorina
45M’obbligherete assai.
 Giannino
                                          Vi sarò grato.
 Falco
 Udite; evvi un riccone,
 che ha nome don Poppone,
 il quale amando assai l’argento e l’oro
 cerca sempre trovar qualche tesoro.
50Basta che un forastier gli si presenti
 e con franchezza ostenti
 l’abilità per tali scavazioni,
 gli leva dalla man scudi e dobloni.
 Giannino
 Ma io non ne so niente.
 Falco
                                             Cosa importa?
55Istruirvi saprò, se voi volete.
 Fidatevi di me, mi conoscete.
 Dorina
 Tutto farò quello che far si puote
 per aver saviamente un po’ di dote.
 Falco
 Basta che col maestro
60si divida la preda.
 Dorina
                                    È cosa giusta.
 Giannino
 Voi farete il comparto.
 Falco
 Di quello che verrà mi basta il quarto.
 V’insegnerò la casa.
 Andrete soli per non dar sospetto
65e vi dirò quello che dir dovrete.
 Poi quando in casa siete,
 anch’io vengo a drittura
 per dar credito e forza all’impostura.
 Giannino
 Intanto ci darete
70da mangiare, cred’io...
 Falco
                                            Siete padroni.
 Tutto Dorina avrà quel che comanda;
 è a sua disposizion la mia locanda.
 
    Se non fossi maritato
 non so dir cosa farei. (A Dorina)
75Oh Giannino fortunato (A Giannino)
 che costei si goderà!
 
 Dorina
 
    Oh davver siete garbato!
 
 Giannino
 
 Ma non tanta carità. (A Falco)
 
 Falco
 
    È graziosa ed è gentile;
80non conosco la simile.
 
 Dorina
 
 Obbligata in verità.
 
 Giannino
 
 Ma non tanta carità. (A Falco)
 
 Falco
 
    Sei geloso poverino,
 è geloso il mio Giannino
85e da ridere mi fa. (Parte)
 
 Giannino
 
    Ho a soffrir questo dolore.
 
 Dorina
 
 Colla fame, mio signore,
 gelosia non si confà. (Parte)
 
 Giannino
 
    La signora dice bene
90e soffrire mi conviene
 per la mia necessità. (Parte)
 
 SCENA II
 
 Il CONTE e la CONTESSA, poi GABRINO
 
 la Contessa
 Eh ben signor consorte,
 quanto dovremo noi
 stare in questa locanda?
 il Conte
                                               Un po’ di flemma,
95cara contessa mia.
 la Contessa
 Qua non ci voglio star, voglio andar via.
 il Conte
 La lettera ho mandata
 al signor don Poppone,
 cui siam raccomandati,
100e saremo da lui forse alloggiati.
 la Contessa
 Lo staffiere non vien colla risposta?
 il Conte
 Napoli è città grande.
 Da don Poppone a noi
 v’è non poca distanza;
105aver conviene un po’ di tolleranza.
 la Contessa
 Aspetterò che torni;
 sentirem la risposta; ma se mai
 noi questo don Poppone
 ad invitar non manda,
110tosto voglio partir, cambiar locanda.
 il Conte
 Perché? Non siamo noi
 ben trattati finora?
 la Contessa
                                      Eh sì, signore,
 siam trattati benissimo.
 Lo so che contentissimo
115ci sta il signor consorte mio garbato,
 della bella straniera innamorato.
 il Conte
 Oh! Di chi? Di Dorina? V’ingannate.
 la Contessa
 Ch’io m’ingannassi si potrebbe dare;
 ma qui, lo torno a dir, non ci vo’ stare.
 il Conte
120Ecco Gabrin che torna; or si saprà.
 la Contessa
 Bastami che si vada via di qua.
 il Conte
 Che risposta mi rechi?
 Un foglio? Sentiremo.
 Temo che per esimersi
125trovi qualche pretesto.
 la Contessa
 Sia com’esser si voglia, io qui non resto.
 il Conte
 V’ho inteso; cento volte
 l’avete replicato
 e mi avete stancato in verità.
130Leggiamo.
 la Contessa
                       Ma andar voglio via di qua.
 il Conte
 Che pazienza! «S’inchina
 don Poppone Corbelli
 al conte Nastri e alla contessa ancora.
 Non potendo per ora
135venirli a riverire alla locanda,
 a supplicar li manda
 che si degnin passar nel di lui tetto,
 esibito di cor per lor ricetto».
 la Contessa
 Andiam subito dunque...
 il Conte
                                                Adagio un poco,
140andar tosto in un loco
 senza saper... senza conoscer chi...
 la Contessa
 Ve lo ritorno a dir; non vo’ star qui.
 il Conte
 Dunque andiamo e sarà quel che sarà.
 la Contessa
 Bastami che si vada via di qua.
 il Conte
145Via, tacete una volta;
 andremo sì, vi renderò contenta
 ma fate che gridar più non vi senta. (Parte)
 
 SCENA III
 
 La CONTESSA sola
 
 la Contessa
 Pretendono i mariti
 esser da noi trattati dolcemente.
150Ma se non si fa niente colle buone
 convien gridare per aver ragione.
 Tant’è. La forastiera
 m’ha dato gelosia;
 di qua voglio andar via. L’ho detto assai
155e son disposta a non tacer più mai.
 
    S’inganna chi crede
 la donna sia schiava.
 Se il peso l’aggrava,
 desiosa si vede
160di sua libertà.
 
    Compagno è lo sposo,
 non prence tiranno.
 È un misero inganno
 di cuore orgoglioso
165l’usar crudeltà.
 
 SCENA IV
 
 Camera in casa di don Poppone.
 
 Don POPPONE, poi GHIANDINA
 
 don Poppone
 Eh! Ci mancava adesso
 questo novello imbroglio.
 Alloggiar forestieri... E mi dispiace...
 Non vorrei che sturbassero
170l’operazion vicina
 del tesor che cavar deggio in cantina.
 Dopo tant’anni e tanti
 alfin sono arrivato
 un tesoro a trovar sicuro e certo;
175e in casa mia, l’ho in casa mia scoperto.
 Ma i forestier... Ghiandina.
 Ghiandina
 Signor, la mi comandi.
 don Poppone
 Un amico di Roma,
 cui disgustar non voglio,
180mi ha mandato un imbroglio.
 Un conte e una contessa
 mi son raccomandati,
 alloggiar li ho invitati in casa mia;
 fate che tutto preparato sia.
 Ghiandina
185Caro signor padrone,
 è ver che ricco siete;
 ma se così spendete allegramente,
 lo stato vostro ridurassi al niente.
 don Poppone
 Cosa importa? Domani
190piene le casse avrem d’argento e d’oro.
 Ho scoperto un tesoro. (Piano)
 Ghiandina
 Scoperto veramente
 o al solito trovato con la mente?
 don Poppone
 Questa volta è sicuro.
195L’ho trovato Ghiandina.
 Ghiandina
 Dove? Si può saper?
 don Poppone
                                        Zitto. In cantina.
 Ghiandina
 Che al solito non sia...
 don Poppone
                                          La cosa è certa;
 ho fatto la scoperta
 per via di certi sogni;
200e ho fatto l’esperienza sopra il suolo
 anche colla bacchetta di nocciuolo.
 Ghiandina
 Per me non me ne intendo.
 L’oro vedere attendo
 e quando lo vedrò,
205che l’abbiate trovato io crederò.
 don Poppone
 E quando lo vedrete
 escir dalla cantina,
 la padrona sarà... sarà Ghiandina.
 Ghiandina
 Se fosse ver.
 don Poppone
                          Verissimo;
210lo vedrete a momenti.
 Ho imparato in un libro a far portenti.
 Finor da più di un restai gabato;
 ma or sono illuminato
 ed opero al sicuro
215e i tesori trovar posso all’oscuro.
 Ghiandina
 Voglia il ciel che sia vero; e poi signore,
 un altro tesoretto
 di farvi ritrovare anch’io prometto.
 don Poppone
 Dove? Come?
 Ghiandina
                             Un tesoro
220voi troverete in me
 d’onestà, di costanza, amore e fé.
 
    Una donna che apprezza il decoro
 è un tesoro che pari non ha.
 
    La bella onestà,
225la mia fedeltà
 potrà farvi felice e contento,
 che l’argento col tempo sen va.
 Ma l’amore nel core si sta. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Don POPPONE, poi GHIANDINA che torna
 
 don Poppone
 È vero; una fanciulla come questa
230certamente è un tesoro;
 ma mi preme trovar quello dell’oro,
 perché finor poco nell’arte esperto,
 ho consumato il certo per l’incerto;
 ma ora sono al sicuro.
 Ghiandina
                                          Son venuti
235due forastieri a domandar di voi.
 don Poppone
 Uomo e donna?
 Ghiandina
                                Sicuro.
 don Poppone
 Saranno il conte e la contessa; o bene,
 venghino pur; riceverli conviene.
 Ghiandina
 Spiacemi.
 don Poppone
                      Di che cosa?
 Ghiandina
                                               Niente, niente.
 don Poppone
240Parlate.
 Ghiandina
                  La contessa
 mi pare un po’ bellina;
 non vorrei vi scordaste di Ghiandina. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Don POPPONE
 
 don Poppone
 No no, non dubitar... S’ella è gelosa
 segno è che mi vuol bene.
245Tosto che del tesoro
 fatta ho l’operazione,
 la vo’ sposar senz’altra dilazione.
 Criticato sarò, perch’è una serva?
 Che cosa importa a me?
250Ognuno in questo ha da pensar per sé.
 
 SCENA VII
 
 DORINA, GIANNINO e il suddetto
 
 Dorina
 Serva di don Poppone.
 Giannino
                                            Riverisco.
 don Poppone
 M’inchino al signor conte, (A Giannino)
 alla nobil contessa umil m’inchino. (A Dorina)
 Dorina
 (Contessa a me?)
 Giannino
                                   (Che non son io Giannino?)
 don Poppone
255Alloggiar in mia casa
 mi chiamo fortunato
 la dama illustre, il cavalier garbato.
 Giannino
 Ci conoscete voi?
 don Poppone
                                  Certo; l’amico,
 che li ha diretti a me, di lor signori
260m’accenna il grado ed i sublimi onori.
 Giannino
 Falco ci ha posti in qualche brutto impegno. (Piano a Dorina)
 Dorina
 Ei ci nobilitò, vi vuole ingegno. (Piano a Giannino)
 don Poppone
 Saran stanchi dal viaggio;
 che vadano al riposo;
265già sono sposa e sposo,
 onde compatiranno
 se un solo letto ed una stanza avranno.
 Giannino
 Questo non è gran mal.
 Dorina
                                             No no, signore,
 vi prego per favore,
270sono avvezza così fin da figliuola,
 piacemi nella stanza di star sola.
 don Poppone
 Ma io non ho gran comodo.
 Dorina
 Codesto poco importa,
 anderò sola.
 don Poppone
                         E lui fuor della porta? (Accenando Giannino)
 Giannino
275Io fuori signorsì.
 La signora comanda e vuol così.
 don Poppone
 Oh, signora contessa,
 perché così crudel con suo marito?
 Dorina
 Voi non siete istruito,
280per quel ch’io sento, dell’usanza nuova.
 (Seguitar la finzion per or mi giova).
 don Poppone
 So ch’io, se avessi moglie,
 notte e giorno vorrei
 starmene in buon amor vicino a lei.
 Giannino
285Anch’io davver son del parere istesso,
 notte e giorno vorrei starle dappresso.
 Dorina
 Quelli che così fanno,
 sappiano lor signori
 che si chiaman mariti seccatori.
290Libertà, libertà.
 Giannino
                                Basta... Per ora
 taccio... Ma quando poi... (A Dorina)
 Dorina
 Quando poi, quando poi. Già vi capisco.
 Quando verrà quel dì,
 averete di grazia a far così. (A Giannino)
 Giannino
295Sentite? (A don Poppone)
 don Poppone
                    Non intendo. (A Dorina)
 Dorina
                                              Eh, che l’amore
 più candido, più puro
 vuole il suo chiaroscuro.
 E poi convien distinguere
 della plebe l’amor, come si sa,
300da quello della nostra nobiltà.
 Voglio che civilmente ci trattiamo.
 O che siamo, cospetto! o che non siamo.
 
    Si distingue dal nobile il vile
 anch’in questo, mio caro signor.
305Una donna ch’è nata civile
 non si lascia avvilir dall’amor.
 Il villano, che sempre sta lì,
 alla moglie suol dire così:
 «Vieni qua, passa là, non ti vo’.
310Vien di su, va’ di giù, ti darò».
 
    Ma alla donna che sempre non va
 il marito gentile dirà:
 «Perdonate... Vorrei... Compatite...
 Fate grazia... Venir... favorite...».
315E la donna fa il proprio dovere
 con piacere ma con nobiltà. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Don POPPONE e GIANNINO
 
 don Poppone
 In questo io mi rimetto.
 In casa mia quel che si vuol si fa
 e lascio a ciaschedun la libertà.
 Giannino
320Ma, signor, favorite.
 Voi non mi conoscete.
 don Poppone
                                           Eh, sì signore.
 Voi siete il conte Nastri,
 un cavalier romano
 che a Napoli sen vien per suo diporto
325colla contessa sposa.
 L’amico mi ha informato d’ogni cosa.
 Giannino
 (Oh gran Falco briccone!)
 Discorreremo poi
 sull’affar del tesoro.
 don Poppone
                                       E che tesoro?
330Io non so di tesori.
 Io non cavo tesori; e chi v’ha detto
 che si cercan tesori in casa mia?
 Giannino
 Quel che mi manda da vossignoria.
 don Poppone
 Non è ver, non è vero,
335vi replico di no.
 E all’amico di Roma io scriverò.
 (Se si sa del tesoro
 sarà la mia rovina.
 Lontani li terrò dalla cantina).
 Giannino
340Dunque voi non volete
 che v’aiuti a cavar...
 don Poppone
                                       Mi maraviglio;
 di tacer vi consiglio un tal proposito
 o mi vedrete far qualche sproposito.
 
    Chi v’ha detto del tesoro
345se ne mente per la gola.
 Ah, mi manca la parola
 dalla bile ch’ho nel cor.
 
    La mia casa è tutta qui;
 le mie stanze eccole lì
350e di qua v’è la cucina...
 Casa mia non ha cantina
 e tesoro qui non c’è...
 E pensar non so perché...
 
    Chi lo crede non sa niente.
355Stia pur certo l’illustrissimo
 signor conte stimatissimo,
 non c’è niente in verità. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 GIANNINO solo
 
 Giannino
 Io non la so capire.
 Siam restati d’accordo
360con Falco d’una cosa; ed or ne trovo
 un’altra bella di caratter nuovo.
 Che diavolo sarà?
 Con questa nobiltà
 certo m’imbroglio assai.
365Che il gentiluomo non l’ho fatto mai.
 A farlo mi vorrei un po’ provare
 ma non so da qual parte principiare.
 
    Colle dame, colle dame:
 «Di madama servitor.
370Di buon cor
 all’onor... della beltà».
 Non ci ho grazia in verità.
 
    Coi signori: «Riverisco,
 mi esibisco, mi offerisco
375colla nostra autorità...»
 Oh malissimo anderà.
 
    Vo’ provar con bassa gente;
 e vo’ fare il prepotente.
 «Insolente, non do niente...
380Pagherò, quando vorrò.
 Ne ho bisogno; via di qua».
 Ah, ah, ah. (Ridendo) Bene va.
 L’ho trovata in verità. (Parte)
 
 SCENA X
 
 Don POPPONE, poi FALCO
 
 don Poppone
 Come diavolo mai l’hanno saputo?
385Possibile che sia
 sino a Roma passata la notizia
 del tesoro?... Eh pensate,
 queste son chiaccherate
 che fa Ghiandina. Lei l’averà detto.
390Oh vizio delle donne maledetto!
 Falco
 Si può venir?
 don Poppone
                            Falco, venite pure.
 Falco
 Compatisca di grazia.
 don Poppone
                                          Eh, lo sapete,
 vi vedo volontieri.
 Falco
 Son venuti da voi due forastieri?
 don Poppone
395Sì; un conte e una contessa
 che vengono di Roma.
 Falco
                                           Altri?
 don Poppone
                                                        Non altri.
 Falco
 (Che Dorina e Giannino
 sbagliato abbian la casa?)
 don Poppone
                                                 E chi doveva
 da me venir?
 Falco
                            Un giovane di garbo
400che Giannino s’appella,
 unito ad una bella,
 venuti a posta sino di Turchia
 per ricercare di vossignoria.
 don Poppone
 Che vogliono da me?
 Falco
                                         Per quel che intesi
405a ragionar fra loro,
 credo vadano in cerca d’un tesoro.
 don Poppone
 San tesori cavar?
 Falco
                                  Credo di sì.
 don Poppone
 Fateli venir qui.
 Falco
                                 Par che dovrebbero
 essere già venuti.
410Son forastieri; si saran perduti.
 don Poppone
 Trovateli di grazia.
 Falco
                                     A ritrovarli
 subito andrò.
 don Poppone
                            Ehi non crediate mica
 ch’io pensi di cavar qualche tesoro;
 ma parlo volontier di certe cose...
415E mi piaccion le genti spiritose.
 Falco
 Io di quelli non sono
 che cercan gli altrui fatti ma ho sentito
 così per accidente
 a dir da quella gente
420che al signor don Poppone il cielo, il fato
 una fortuna grande ha preparato.
 
    Il cielo vi precipiti
 sul capo d’oro i fulmini
 e d’oro una voragine
425vi possa subissar.
 
    Marte, Saturno e Venere
 coll’oro vi tempestino
 ed i tesor vi facciano
 nel giubilo creppar. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Don POPPONE, poi GHIANDINA
 
 don Poppone
430Messer Falco gentil troppo m’onora,
 io non mi sento di creppar per ora.
 Ghiandina
 È questo il giorno delle seccature.
 Altri due forestier che vi domandano.
 don Poppone
 Chi sono?
 Ghiandina
                      Io non lo so.
 don Poppone
435Falco li vide?
 Ghiandina
                           Signor no; venuti
 son eglino di qua
 e Falco se n’è andato per di là.
 So ben per quel che intesi
 a dir da loro stessi
440che abitavan da lui...
 don Poppone
                                         Sì, saran dessi.
 Fa’ che venghino tosto.
 Ghiandina
                                            Allegramente,
 che se cala il denar, cresce la gente. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 Don POPPONE, poi la CONTESSA ed il CONTE
 
 don Poppone
 Falco non li ha incontrati.
 Essi per altra via sono arrivati.
445Ti ringrazio, fortuna; eccoli qui.
 Mi seconda la sorte in questo dì.
 il Conte
 Riverente m’inchino.
 don Poppone
                                          Oh, galantuomo,
 che siate il benvenuto.
 la Contessa
 Serva sua.
 don Poppone
                      Giovinotta, io vi saluto.
 la Contessa
450(Che inciviltà).
 il Conte
                               (Che trattamento abietto).
 don Poppone
 (Si vede che son gente d’intelletto).
 il Conte
 Signor, siam qui venuti...
 don Poppone
 Sono di già informato;
 discorreremo insieme.
455Quello che più mi preme
 è che voi con la vostra signorina
 meco venghiate nella mia cantina.
 il Conte
 Signor mi maraviglio;
 non si fa un tal invito a’ nostri pari.
 don Poppone
460Nella cantina mia sono i denari.
 la Contessa
 Per chi presi ci avete?
 don Poppone
 Lo so, lo so chi siete,
 Falco m’ha detto tutto;
 so che per me veniste di lontano
465e in casa mia non resterete invano.
 il Conte
 Spiegatevi, signore, non capisco.
 don Poppone
 Sappiate che in cantina...
 Ma vien gente; non voglio
 che sappian quel che passa fra di noi.
470Andate, andate; parleremo poi.
 la Contessa
 Come!
 don Poppone
                Non vo’ che siate
 in casa mia veduti.
 il Conte
 Perché?
 don Poppone
                  Se conosciuti
 siete, mi può accadere qualche intrico.
 la Contessa
475Ma noi chi siamo?
 don Poppone
                                     Andate via, vi dico.
 la Contessa
 Ad una dama?
 il Conte
                              A un cavalier?
 don Poppone
                                                          Va bene.
 So che finger conviene
 nobiltà in casi tali e signoria;
 ma viene gente, vi dico, andate via.
 la Contessa
480Parto per or ma si saprà perché;
 conto di tutto renderete a me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 Don POPPONE ed il CONTE
 
 il Conte
 Un simil trattamento,
 un simile strapazzo
 vi fa credere un pazzo. Io son chi sono;
485e in grazia dell’amico vi perdono.
 
    Tenta invan co’ suoi vapori
 d’oscurar la terra il sole,
 ch’ei tramanda i suoi splendori
 tra le nubi a scintillar.
 
490   Nobil sangue non si oscura
 dalla misera ignoranza
 e l’orgoglio a lui non fura
 quel che a lui non può donar. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 Don POPPONE, poi DORINA
 
 don Poppone
 Infatti quest’è il solito
495di quei che voglion far certi mestieri,
 di spacciarsi per dame e cavalieri.
 Ecco qui la contessa
 che sola a me si appressa.
 Non mi spiace per dir la verità;
500ma la deggio trattar con nobiltà.
 Dorina
 Il signor don Poppone
 perché ci priva della sua presenza?
 don Poppone
 Faccio a lei riverenza. (Fa vari inchini)
 A lei chiedo perdono;
505e servitor della contessa io sono.
 Dorina
 E la contessa a voi
 fa con rispetto i complimenti suoi. (S’inchina)
 don Poppone
 (Com’è graziosa!) (Guardandola)
 Dorina
                                     (Parm’innamorato).
 don Poppone
 S’io fossi in altro stato,
510s’io fossi un cavaliere come lei,
 forse mi esibirei...
 Dorina
                                     Con libertà.
 Già intendo e l’aggradisco.
 don Poppone
                                                   Oh gran bontà!
 Dorina
 Per dirvela, signore,
 io son venuta qui...
515E mi trattiene un certo non so che...
 Non posso dirlo.
 don Poppone
                                 (È innamorata in me).
 Dorina
 (Allettarlo conviene il turlulù).
 don Poppone
 (Qualche cosa scoprir voglio di più).
 Di che paese è lei?
 Dorina
                                     Non ve lo dice
520l’amico nella lettera?
 don Poppone
                                         Da Roma
 dice che vien ma non se sia romana.
 Dorina
 Io sono... signor mio... palermitana.
 don Poppone
 E il marito?
 Dorina
                         Spagnuolo.
 don Poppone
                                                E dove vanno
 se è lecito il saperlo?
 Dorina
                                        Per il mondo
525a conoscer la gente
 di merito, di mente,
 ch’io venero, ch’io stimo,
 fra’ quali certo don Poppone il primo.
 don Poppone
 Grazie di tanto onor...
 Dorina
                                           Con sua licenza
530ora ritorno subito.
 (Vo’ ritrovar Giannino
 e renderlo avvisato
 come ha da dir, se fosse ricercato). (Parte)
 
 SCENA XV
 
 Don POPPONE e poi GIANNINO
 
 don Poppone
 Ora ci avevo gusto e se n’è andata.
535Spero ritornerà.
 Mi piace in verità
 e parmi che a lei pur vada a fagiuolo.
 Oh s’ella lo spagnuolo
 non avesse in consorte,
540non escirebbe più da queste porte.
 Eccolo qui.
 Giannino
                       Saprebbe
 dirmi vossignoria
 dove si trovi la consorte mia?
 don Poppone
 Poc’anzi è stata qui. Se l’illustrissimo
545signor conte comanda,
 a richiamar la mando diviato.
 Giannino
 Non importa, signor, bene obbligato. (Con gravità)
 don Poppone
 Ah, come si conosce
 in un’occhiata sola
550nel signor conte la nazion spagnuola!
 Giannino
 Io spagnuolo non sono.
 don Poppone
                                            No; di dove?
 Giannino
 Son fiorentino.
 don Poppone
                               (Averò inteso male).
 E la sua dama?
 Giannino
                               E la mia dama... è nata
 signore... in Macerata.
 don Poppone
555Non è nata in Palermo?
 Giannino
                                              Oibò. Perché?
 don Poppone
 (Non la capisco).
 Giannino
                                  (Qualche imbroglio c’è).
 don Poppone
 E, se si può sapere,
 perché venuti sono
 in questo nostro stato?
 Giannino
560Siam venuti a comprare un marchesato.
 don Poppone
 La signora contessa
 detto non ha così.
 Giannino
 Che vi disse la dama?
 don Poppone
                                           Eccola qui.
 
 SCENA XVI
 
 DORINA e detti
 
 Dorina
 (Non vorrei che Giannino
565m’avesse contradetto).
 Giannino
 (Qualche imbroglio m’aspetto. Or si saprà).
 don Poppone
 (Voglio un poco scoprir la verità).
 Signora (A Dorina) con licenza (A Giannino)
 non mi ricordo ben la patria sua. (Piano a Dorina)
 Dorina
570Palermo. (Forte che Giannino senta)
 don Poppone
                     Sente lei, signor toscano. (Piano a Giannino)
 Giannino
 È vero, è vero, io son palermitano. (Forte)
 Dorina
 (Diavolo!)
 don Poppone
                      Non è lui? Non è spagnuolo? (A Dorina)
 Dorina
 Egli è oriondo di Spagna.
 Giannino
 Orionda è la contessa di Romagna.
 Dorina
575Io son...
 Giannino
                  Di Macerata.
 Dorina
 In Palermo allevata.
 Egli è del suolo ispano.
 Giannino
 Ma per educazion sono toscano.
 don Poppone
 E sono qui venuti...
 Dorina
580Si sa...
 Giannino
                Già l’ho svelato...
 Dorina
 Per conoscenze...
 Giannino
                                  E per il marchesato.
 Dorina
 Titolo rispettoso...
 Giannino
 Che vogliamo comprare...
 Dorina
                                                 Oh signorsì.
 Giannino
 Non è vero contessa?
 Dorina
                                         Ella è così.
 don Poppone
585Vi è un pocchino d’imbroglio.
 Ma tutto creder voglio.
 Quando trovi che sia la verità
 che abbiate in mio favor della bontà. (Piano a Dorina)
 Dorina
 Di ciò siete sicuro. (Piano a don Poppone)
 don Poppone
                                      Il signor conte
590ch’io la possa servir sarà contento? (Piano a Dorina)
 Dorina
 Contento contentissimo. (Piano a don Poppone)
 Non è vero marito? (Forte a Giannino)
 Giannino
                                       Sì è verissimo.
 (Per dubbio di fallire
 tutto quel ch’ella vuol mi convien dire).
 don Poppone
 
595   Conte mio, per tutti i titoli
 or vi voglio venerar,
 per il sangue e per il merito.
 Perché siete ricco e nobile
 e per questa sposa amabile
600ch’io mi pregio di onorar.
 
 Giannino
 
    Obbligato per i termini,
 obbligato del buon animo;
 ma poi tanto per la femmina
 non vi state a incomodar.
 
 Dorina
 
605   Non ricuso di ricevere
 le sue grazie preziosissime. (A don Poppone)
 Egli è un uom di buone viscere,
 non lo voglio disgustar.
 
 Giannino
 
    Di grazie carico
610non vo’ lo stomaco.
 
 Dorina
 
 Son cibi teneri,
 si digeriscono.
 
 don Poppone
 
 Non si esibiscono
 che cose lecite,
615che cose facili
 da digerir.
 
 Dorina
 
    Signor conte una parola. (A Giannino)
 
 Giannino
 
 Con licenza. (A don Poppone) Eccomi qua. (A Dorina accostandosi)
 
 Dorina
 
    Se non facilita,
620se non s’accomoda,
 signor soffistico,
 non mangierà. (Piano a Giannino)
 
 Giannino
 
    Dice benissimo,
 non so rispondere;
625quel ch’è possibile
 si soffrirà. (Piano a Dorina)
 
 Dorina
 
    Don Poppone una parola.
 
 don Poppone
 
 Con licenza, (A Giannino) eccomi qua. (A Dorina accostandosi)
 
 Dorina
 
    Quell’occhio languido,
630quel labbro tenero
 in me cuor docile
 ritroverà. (Piano a Poppone)
 
 don Poppone
 
    Fermo qual rovere,
 qual scoglio stabile
635per lei gratissimo
 mio cuor vivrà. (Piano a Dorina)
 
 Giannino
 
    Favorisca. (A don Poppone)
 
 don Poppone
 
                          Mi comandi.
 
 Giannino
 
 Cosa dice?
 
 don Poppone
 
                       Lo domandi,
 dalla dama lo saprà.
 
 Giannino
 
640   Faccia grazia. (A Dorina)
 
 Dorina
 
                                Cosa vuole? (A Giannino)
 
 Giannino
 
 Cos’ha detto?
 
 Dorina
 
                            Non si sa.
 
 Giannino
 
 Questa è poca civiltà. (A tutti e due)
 
 don Poppone
 
    Signor mio... (A Giannino)
 
 Giannino
 
                               Mi meraviglio.
 
 Dorina
 
 Cos’è stato?
 
 Giannino
 
                         Son chi sono.
 
 don Poppone
 
645Non vorrei... (A Giannino)
 
 Giannino
 
                           Troppa licenza.
 
 Dorina
 
 Pazzo siete. (A Giannino)
 
 Giannino
 
                         È un’insolenza.
 
 Dorina
 
 Non badate. (A don Poppone)
 
 Giannino
 
                           Son marito.
 
 don Poppone
 
 Oh padron mio riverito.
 
 a tre
 
 Che si taccia, non si faccia
650fra di noi pubblicità.
 
    Che si salvi almen la mostra
 della nostra nobiltà.
 
 Fine dell’atto primo